GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Matteo Bona
Rinascita Assoluta
Rinasce la Natura
Ed ha l’odor di te,
Tenue e tremolante
Come ’l primo fiato
Del giorno,
Ed anch’io rinasco
Poiché anelo
La di te fragranza.
S’oscura il cielo,
Plutonio firmamento,
E discende con Fragor tonante
Su di noi La piova.
Picchia battente,
Si scioglie fra le
Languide foglie,
Intra la corteccia
Si snoda, beccheggia,
S’affossa, troneggia.
Giunta al radico
S’accascia.
Ben s’accorge,
Chi alla silvana
Aurea s’appresta,
Ch’ogne senso verso
’L mondo è
Silenzio, tacito assenso
Della Rinascita.
Longinquo da noi,
Il brusio degli dei
Si cela nel cor della
Conchiglia e del mar
L’essenza spandesi
Sinuosa, come
Un pensiero.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Rinascita Assoluta” di Matteo Bona
La boniana ricerca dell’assoluto è coinonia alla natura, è madido scioglimento nelle acque primarie e archetipiche
e liberazione dell’essere nel movimento di superamento dei confini identitari, di morte e di rinascita.
La figura prometeica del poeta ruba agli dei la fiamma della vita, l’amore come Sehnsucht, nostalgia dell’unità perduta, mancanza e tensione del desiderio di completamento, primo respiro bruciante e suono della parola.
La morte è stasi; vita è moto del divenire.
La nostalgia di senso sospinge la parola indietro, ai suoi antichi e orali costumi, in una ricerca genealogica del dire, alle sonorità degli impatti con la materia del mondo da cui nasce, alle vicinanze del silenzio,
a trovare le modulazioni toniche e i primi vettori del movimento della nuova espressione del desiderio,
tutto nella scenografia dei variabili lucori del dialogo di coscienza e di inconscio.
L’essere è inaudibile, l’uomo è distanza, eco seconda di un’origine, sentimento e cieco diveniente modo di verità.
Echi
Io vivo
Ed in te respiro
Echeggiando
Degli stessi
Mormorii della
Natura,
Infine divengo
Un atipico suono
Della tua stessa
Essenza:
M’infrango
Ai confini della bellezza,
Riducendomi
In polvere,
Per giungere
Purificato
In un mondo
Che non
M’apparteneva.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Echi” di Matteo Bona
La parola profonda ed essenziale del Bona è rituale di trasgressione, è ricerca di eccedenza della disposizione all’azione usuale, per la sua demolizione, per l’errore in qualità d’ipotesi prospettica.
Il poeta forza l’identità segnica e seconda al paradosso, oltre la relazione duale alla differenza, vuole aprire la parola al suono straordinario, al supporto della vita instante del continuum, all’orienza del senso.
Il senso è al rituale di una morte estatica alla bellezza e di una nascita sempre nuova alla coappartenenza.
Nocturna XX
Consapevole
Del mio
Nulla
Mi specchiavo
Nel muro
Del cielo,
Nuvole
E stelle
In ridda.
Un sussulto
Sordo,
Muto e tondo
M’ha
Sfiorato
Brutale sulla
Soglia
Del globo.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Nocturna XX” di Matteo Bona
La parola in frammenti del Bona è parola umana, che vuole nietzscheanamente tramontare, per sanare
il dualismo di un mondo vero e un mondo reale, poiché cercare un mondo dietro il mondo sarebbe fondamento
del nichilismo che priva di senso, per proiettarlo al di là dell’umano.
Il poeta vuole un corpo trasvalutato, strumento della Wille zur Macht (volontà di potenza),
il Selbst (Sé) è congiunzione degli opposti e anelito a superare se stesso, sino a che il tutto sia nella parte
e la tracotanza della parte esondi il tutto e la visione dell’uomo sia la verità del mondo.
Ode al nascente riso
All’ultimo baglior del sole -
L’immoto spazio ed
I casolari instanti
Raminghi sussurrano al silenzio
Che si frappone.
La terra brulla e grassa
Di nera conformazione
Riposa ascosta sotto pozze
Immense
E la lenta Vita si posa
Al cigolar del globo -
Ma nulla canta
La di lei marcescenza,
E immagini di placche
A specchio ornate
Rilucono ampie scintille
Fredde nella fredda
Volta digradante.
All’erta la ritta testa
Dell’eletto riso -
Fior d’acquitrino -
Ad ammirar con
Compiaciuta mollezza
Il declino di questo
Giorno.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Ode al nascente riso” di Matteo Bona
Inneggiante e arcaico, il verso del Bona invita al tramonto delle certezze e al riso lunare, alla potenza dell’ironia, che simula e dissimula, con andamento dialettico e dilemmatico, che denuncia le coscienze soddisfatte
delle loro visioni cristallizzate, che infrange i falsi valori, per un nuovo fingere, per rinascere dal silenzio notturno
della verità, che sposa l’occhio alla terra. Il poeta trasgredisce la norma, scioglie il nodo emotivo, sdrammatizza
le minacce identitarie della morte, dilaziona l’emersione a coscienza, ristabilisce la sintonia del tutto,
ricuce le distanze ed è catarsi. Perseo sconfigge la gorgone con l’immagine riflessa e seconda, inscritta al divenire dell’essere sul piano transizionale, perché solo il possibile feconda la datità del reale.
Ode alla migrazione
Insolito — inaccolto,
Senza spazi e morto
S’un vascello infame
Dal grecal’ sospinto
E quel tuo, bel volto
Di nero tinto
— Navighi.
Vascello precario,
Vascello da necessità
Mosso,
Precari sospiri di
Necessità ruggenti!
E senza spinte, senza
Sponte a questo accesso
Ottuso,
Varchi.
Mai la tua vita
Ci fu così vicina?
E la nostra così
— Lontana.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Ode alla migrazione” di Matteo Bona
D’una straziante melodia, a tratti infranta, la parola del Bona canta il sentimento di lacerazione di sé, che accompagna lo sradicamento dalla terra d’appartenenza, perché insolito è chi viaggia senza suolo e inaccolto è chi non trova identità al riconoscimento dell’altro. Può concernere chiunque un’emergente necessità vitale che non trova la via dialettica di sintesi con la volontà: è un’esperienza che preclude il senso fin quando resti della precarietà che appende ad una preghiera che non trova intelligente ascolto.