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Maurizio Pagliaccia

In re

Ora ecco, vedo incresparsi la pelle dell’acqua

per un momento tutto tace freddato in una istantanea non riproducibile:

il mio spirito evaso ritorna.

 

La barca oscilla come toccata fugacemente da un cosa fulmineo

lo scheletro ligneo gracida soffocando un lamento non svelato

sento il corpo legnoso dello scafo rigido come in un istante prima della fine

i demoni penetrano le assi come tarli in questa insolita solidarietà tra gli abissi ed il cielo

nel mezzo ci siamo noi incauti naviganti che esponiamo il ventre all’oscuro.

 

Nel mare profondo gettiamo l’ancora nella speranza che il fondo tocchi

all’alto del cielo dispieghiamo le ali dei bisogni senza conoscere il volo

e noi navi con la pancia immersa a solcare l’abisso

e l’albero mastro come braccio teso ad aggrapparci al cielo

e la vita sembra fugare il tempo

mentre il tempo solidale col vento sfugge la vita avida di senso.

Critica in semiotica estetica della Poesia “In re” di Maurizio Pagliaccia

 

La parola filosofica del Pagliaccia presenta la sostanza delle cose, in tutta la sua potenza immediata, diretta e irriflessa, percepita dai sensi come una percuotente illuminazione fugace di senso, strappata via dal tempo ad un luogo umano errante. L’uomo è in metafora come barca, il ventre all’abisso e l’albero come braccio indicale, fra inconscio e coscienza.

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