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GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Mauro Montacchiesi
...con filigrane d'indaco tinte
Tra nivei petali di loto
mi lascio cullare dal respiro
come ci si lascia cullare dai flutti
...anelo smarrire
tormenti senza nome
ologrammi liquidi
immagini intime
crogiolate
nella canicola di agosto
...bramo sorrisi di rubino
che intarsino il cobalto del cielo
...un ghirigoro affettuoso
che inebri l'esistenza
...la mente
gitana al tramonto
fa da spoletta
tra un tedio e l'altro
...prorompe la notte
come onda del mare
sbigottisce il vespro
con filigrane d'indaco tinte
...nell'etra ormai fioca
silenziosi
si eclissano i minuti
...le memorie ardono
nelle praterie della mente
...eriche
di un'adusta brughiera
strinata dal sole
...in questa notte che cresce
soave un ponentino
si insinua tra rutilanti fantasie
e poi glissa via
sulla scia di un candido alcione
...claudicante incedo
sull'impervio
sconnesso pavé delle memorie
...rivivono parole d'amore
leziosi madrigali
...li aveva vergati il mio Amore
...il mio Amore per te!
Critica in semiotica estetica della Poesia “…con filigrane d’indaco tinte” di Mauro Montacchiesi
La sospensione elegante del verso del Montacchiesi culla fra l’inconscio e la coscienza, suonandone dolce
la melodia dell’intreccio. Il descensus alla materia dell’ineffabile e l’ascesa verticale alla luce colta e letteraria sono congiunti da una sottile sfumatura emotiva d’indaco amoroso, che sposa le forze elementari opposte di acqua
e di fuoco, fra lenimento e ardore del desiderio. È l’eterno e inesauribile senso tra le righe che eccede la dimensione metafisica nella meraviglia, nella latente e fragile trasparenza dell’oltre il foglio di cielo,
al corpo rubino delle amate labbra.
Venere luminosa
Amore
recitami poesie
di stelle scintillanti
di primaverili campagne
di tiepidi sussulti di sole
o d’argentee betulle
da luce baciate
che guardano ad est.
Così
mentre tu parli
riverbera di luce e calore
fra ialine gocce di vespro
il corallo di fuoco
che ammanta il creato.
Fiore iblèo
il ghirigoro di questo tramonto
che tende le braccia
all’amplesso serale.
E ad ovest eccola lì
Venere luminosa
della sera prima è la stella
tra cristalli di ghiaccio che fa capolino
a spiar l’innamorate pupille
nell’ora che più struggente volge il desio.
A lei vola un mio bacio
gemma lontana
nell’azzurro ormai blu della notte
dolce fiaccola del giorno che muore
tenero vagito della notte che nasce.
A lei chiedo
effondi le tue note d’amore
falle viaggiare sulle brezze serali
portale a noi innamorati
sempre più folli
della tua notte
sempre più schiavi!
Critica in semiotica estetica della Poesia “Venere luminosa” di Mauro Montacchiesi
La parola classica e sublimatrice del Montacchiesi invoca Venere, luogo transferale che declina il piacere
e velatamente nasconde l’oggetto d’amore al riverbero, accrescendo infinitamente nel rimando il desiderio del suo svelamento: la parola è cinto venereo, è volontà di rinvio con le vesti simboliche dal senso al significato.
Il desiderio crea spazio e differenza, come distanza incolmabile, per una tensione di vita amorosa che sia inesausta alla conoscenza, inesauribile dell’abbraccio di notte e di giorno, d’inconscio e di coscienza.
Alla mia malinconia
Pur s’è confuso tra le fioche luci il tramonto.
Il mondo non s’è accorto
delle tue dita intrecciate alle mie,
nell’oscurità di cobalto
che inizia ad ammantare il creato.
Gioisco dal mio balcone,
del delirio della maestà di luce
calante sopra le cime, laggiù.
Talora, similmente all’acciaio,
mi si incendia un lembo di tramonto
in mezzo alle dita.
E mi sovvengo di te, del tuo cuore assillato
dalla stessa malinconia che vedi in me.
In quale landa dal cuore arido eri in quel tempo?
Per quale motivo mi avvolge
l’intero sentimento, repentinamente,
allorché mi ritrovo malinconico
e ti percepisco distante?
Dalle mie mani mi son scivolate le poesie,
quelle che di solito leggo al calar delle tenebre.
Ogni volta, ogni volta che mi lasci al tramonto,
mi sento come le vette laggiù,
risucchiate dal vortice del buio.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Alla mia malinconia” di Mauro Montacchiesi
La parola dedicata del Montacchiesi abita il romantico dolore della mancanza costitutiva dell’uomo, che innamorato cerca la sua nostalgica interezza perduta alla natura, all’ora del tramonto, nella sintesi fra la luce della coscienza e il buio dell’inconscio, nella tensione creatrice immaginante, a generare la poesia dell’istante. Allora le dita s’intrecciano alle amate dita rosee della luce, della natura pungente dell’acciale, perché la natura trafigga, coabitante, l’essere dell’uomo, la cui solitudine non è che il buio lancio di una domanda.