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Michele Ginevra

Apri le mie crepe

Apri le mie crepe

e lascia che da esse

fluisca la mia lava.

 

Aiutami a respirare frasi nascoste,

a schiacciare pensieri che usurano pensieri,

a seppellire parole che si fanno oblique

come rami di salici piangenti…

i semi poi germogliano.

 

Anche le foglie degli alberi

cambiano colore

come il nostro turbamento;

e allora ho bisogno del tuo aiuto

perché i poeti sono inermi e indifesi

proprio come un vestito senza tasche.

 

Oh dolce fiore

piegato dalla brezza marina

una sola cosa voglio da te

alla fine di questo lungo giorno

fatto di parole rotte in gola

tra sorrisi diversi e carezze stentate:

 

regalami un respiro rubato alla notte

dal fondo di un bacio sussurrato…

e addormentato.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Apri le mie crepe” di Michele Ginevra

 

Vocativa, esortante, la parola del Ginevra si rivolge alla bellezza per la ricerca della verità. Il poeta si dimostra pronto a morire nella parola, per assorgere, da un turbamento unanime alla natura, dall’armonia indistinta del bacio amante della notte della coscienza, il primo respiro del dire.

Brivido febbrile

Stanco era il crepitio dei miei capelli argento

quando ti vidi camminare sui miei desideri

e con lo sguardo curvo, senza voce,

folgorare le mie rughe.

 

Io ero un albero

che lascia cadere i suoi frutti

che nessuno raccoglie, un poeta

col peso della sua ombra sotto i piedi.

 

Tu arrivasti come un fiume lucente,

come una nuvola gravida di pioggia…

raccogliesti i miei frutti

e li ponesti in una cesta di cristallo

come fossero doni preziosi

da distribuire al mondo.

 

Adesso, mentre un sibilo amoroso

penetra ogni giorno nelle mie ossa,

quella tristezza che duole

come cicatrice nella luce, svanisce,

si disperde dentro un vortice di sogno;

 

e così questo brivido febbrile

che si veste di spine e di carezze

si fa tormenta… e diventa seme.

​

Critica in semiotica estetica della Poesia “Brivido febbrile” di Michele Ginevra

 

Narrante, la parola del Ginevra vive la rinascita di sé nel luogo dell’amore, che reintegra l’ombra alla luce. È l’athanor che trasmuta il dolore pungente in corolla d’assoluto, il grembo che risolve gli opposti all’unità, l’eros per nuova alba di conoscenza.

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