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GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Mirco Bortoli
Come farfalle
Come farfalle
esseri
senza meta
convulsamente
nella luce del giorno
nella notte oscura.
Soavemente
alle lusinghe del fiammante papavero
dell'aureo narciso
abbandonati.
Vanitose ali
lunghe ciglia maliarde
a Tempo
indifferenti.
Ebbri
di luce
simulando
non sarà
tramonto.
Così
nuovo giorno
ci trova
lì
immoti
aggrappati
a un filo d'erba
le ali ancora aperte.
Desiderio estremo
d'un attonito condannato a morte.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Come farfalle” di Mirco Bortoli
La parola breve e spezzata, avverbiale, gerundiva del Bortoli dà apparizione della condizione desustanziata e transitoria dell’umano: la farfalla è il perituro segno apollineo strappato alla bellezza intatta della vita, alba della coscienza illusa, fermata nel suo slancio al desiderio, senza destinazione. L’umano, come la farfalla, è partecipe della ciclicità della vita, della morte, della resurrezione, ognora rinato al “convellere” di sé all’ombra dell’inconscio come alla luce della coscienza, è sempre istante in dislocazione dall’essere, dal tempo,
amato e carnefice.
Cieli di marzo
Oggi
tramonto
fiorisce
di ciliegio.
Di pallido rosa
tinge
margherita
appena schiusa.
Nel suo domani
non desiderio
né disperazione.
Tornerà
viola
nei marzi
a venire
e
- non per me -
speranza
bambina
di zucchero filato
in turchino cielo.
Io
anima
senza più rotta
e senza approdo.
Temo
più che morir
perder memoria
d'essere vissuto.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Cieli di marzo” di Mirco Bortoli
Il verso rotto e doloroso del Bortoli apre la differenza, fra il continuum inconscio e infinito della vita instante
della natura e la costitutiva impermanenza metaforica del corpo dell’uomo, che, iscritto in una distanza signata, diveniente accade, transitando una mancanza ad essere, una speranza disperata. La morte è evento verticale intensivo, senso, che semplicemente riporta l’uomo all’essere, alla sostanziale permanenza del corpo del mondo, all’origine immemoriale. Così il poeta sfida l’oblio del trapasso, serba e affida la sua parola, che inscrive nuovamente il lettore nella memoria e nel desiderio, nel movimento della presenza dell’assente, che sempre solleva il segno dell’autore.