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Monica Dell'Agnese

M’inquieta chi s’acquieta

M’inquieta chi s’acquieta.

M’inquieta chi s’acquieta nella quotidianità del giorno,

m’inquieta chi smette di sentire pulsare il suo sogno

chi smette di combattere per le sue idee

chi accetta mestamente la realtà e spegne la mente.

Chi finisce per accettare l’anormale fino a renderlo normale,

chi considera speciale l’ordinaria quotidianità

chi considera normale lo straordinario

chi accetta il minimo esistenziale

chi smette di lottare

chi si spegne per non far sfigurare gli altri

chi è convinto di dover sempre dare.

Chi si rifugia nei suoi labirinti,

nelle considerazioni, nelle proprie convinzioni,

m’inquietano le finzioni.

M’inquieta chi smette di abbandonarsi alle sue emozioni.

M’inquieta chi s’acquieta,

chi allo specchio ha smesso di guardarsi

per paura di non riuscire ad alzarsi.

M’inquieta chi non riconosce più sé stesso,

vittima del suo stesso peso,

m’inquieta chi s’acquieta nella quiete delle sue stesse ragnatele, nelle sue finte premure.

La quiete mi inquieta.

Lentamente mi acquieto nella calma dell’inquieta quiete.

Critica in semiotica estetica della Poesia “M'inquieta chi s'acquieta” di Monica Dell'Agnese

 

La parola dialettica di Dell’Agnese misura i luoghi figurali dell’antitesi, per il movimento della tesi identitaria

e per una possibile sintesi dei poli antitetici. La condizione segnica dell’umano muove l’intenzionalità inarrestabile del desiderio lungo il divenire formale: identità è ritmo di una kìnesis, un aver da essere.

La presenza è moto in tensione, transito sulla soglia del presente, soggetto a distanza metafisica da se stesso

e differenza costitutiva. L’inquietudine è lo stato umano della quiete stessa: il movimento è la condizione del valore della vita, per la meraviglia, per il senso, per la verità.

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