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Nives Fezzardi

Nives Fezzardi, Il Temporale nel Parco dello Stelvio.JPG

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Il Temporale nel Parco dello Stelvio” di Nives Fezzardi

 

La visione panoramica della fotografia della Fezzardi si carica di un senso e un valore tutto intimo: è la domanda dell’uomo innanzi alla forza primigenia ed elementare della natura. Il caos del mondo naturale è luogo di libera configurazione per la rifigurazione dell’umano, è il rituale che solleva l’uomo in un sentimento di tesa speranza: dal grembo acqueo e concentrico delle gocce sulla finestra, che avvolge e imbibisce in un rifugio intimo, a rinascere dai nembi un’identità e una cosmogonia, alla catarsi di un nuovo sole, di una nuova coscienza di vita.

Nives Fezzardi, La nebbia inghiotte la terra quando si fa sera.JPG

Critica in semiotica estetica dell’Opera “La nebbia inghiotte la terra quando si fa sera” di Nives Fezzardi

 

La sensibilità fotografica della Fezzardi proietta nel cielo la condizione nembosa dell’uomo, di costitutiva impossibilità della visione di verità, di nullificazione del sapere che, in relazione all’oggetto è assenza e rinvio. Eppure, nell’uomo è insito un fototropismo, un intimo volgere al luogo terso. Finanche la parola “fine” ha la stessa radice di “fenditura”, l’esito è la via della domanda di vita. Il vissuto di contrapposizione alle certezze, che richiama alla dimensione inconscia, oltre il parapetto difensivo della coscienza, pone tuttavia alla luce fioca la vittoria intrafugabile della speranza.

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