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GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Paola Guarnaccia
Epigramma
Lenta la vita lenta
d’un tratto finisce
Ancora temo la gioia
Che tutto denuda
Mi copro degli stracci
Con cui il dolore
Mi lascia giocare.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Epigramma” di Paola Guarnaccia
Breve, ironica e mordace, la parola della Guarnaccia è immagine che ferma e pone in mostra il movimento dolente della parvenza segnica dell’uomo, al ritmo lento, letteralmente molle e cedevole, che connaturatamente anela e al contempo teme l’unità spoglia dell’essere. Così arrende a un’interezza straccia, a un gramo brano ultimo, brandello in divenire che vive un tempo d’illusione.
Ecce
Non chiedermi
della poesia
Servitù alla tempesta dell'angoscia?
Alchimia di sensi imponderabili
Sospiri di cristallo
Un'emozione che ti guarda
e si lascia prendere.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Ecce” di Paola Guarnaccia
Profondamente rituale, la parola della Guarnaccia presenta la poesia nell’avverbio che dimostra quanto sopravviene alla coscienza dell’uomo. La parola poetica è effigie sacrificale del Cristo flagellato e coronato di spine, segno per l’ineffabile vita eterna del senso. Il verso redime dal dolore nella trasmutazione della materia in essenza sapienziale, dall’abbraccio chiastico e fremente fra il senziente e il sentito.
Gli anni
Ricordi sgranati
come perle di collane rotte
inseguite in ginocchio
Sparse sul pavimento
conto le mie rughe ad una ad una
È ruvido il filo della vita
ora che il piede inciampa
e suona sorda
l'eco dei sogni d'infanzia
Uno smanioso torpore mi prende
alla ricerca
della quintessenza
Interroga invano la morte
mi conduce alla pietosa solitudine
e al silenzio
plastico
largo
campo di vuoto che tutto pervade
Ed è sospesa
la furia del domani.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Gli anni” di Paola Guarnaccia
La parola in metafora della Guarnaccia vive la tragicità della condizione segnica dell’uomo, sempre seconda e transitante, in eco perduta e inarrestabile di una provenienza inudibile, di una destinazione senza risposta. Solo l’immobilità del silenzio approssima in sinestesia al senso, conduce il molteplice nell’uno.