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Patrizia Dal Bello

Helleborus viridis

Il muschio sul tronco caduto,
silente.
Inequivocabili tracce:
passaggi famelici e zoccoli
ottusi.

​

Passi fruscianti tra foglie
sfumate d’ogni bruno.

​

La quercia,
rigide dita adunche
a ghermire il cielo grigio:
saggezza di chi sa aspettare.

​

Lunaria,
medaglioni d’argento brunito,
gioielli traslucidi
che contengono vita nuova.

​

Ed ecco, risveglio arrogante
di timide stelle
malsane:
pallido, verde veleno
di purificazione.

​

I frutti dell’edera
non sono ancora maturi.

 

Critica in semiotica estetica della Poesia “Helleborus viridis” di Patrizia Dal Bello

 

Iemale, la parola breve e frammentata della Dal Bello è latente, in tangibile e simbolica attesa di rivelazione primaverile, sospesa nel limbo dell’elleboro, fra inconscio e coscienza, fra sacrificio di morte e fertile rinascita. La poesia gesta lentamente l’emozione alla luce del pensiero ed è il tempo stesso alla poetessa la chiave della sintesi, alla catarsi che sublima la follia dell’ineffabile.

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