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Patrizia Quaranta

Torre del guado

Secolare

t'ergi sul guado.

Austera.

Sull'amata roccia

enfia di segreti.

Silenziosa.

Tra ciarlar di pescatori

e rime di poeti.

 

Sorgesti

per sovrano volere.

Imponente.

A difender terre

rigogliose.

Non ti scalfirono

il vento salmastro,

le acque impetuose.

 

Domini

l'eterno abbraccio

tra terra e mare.

Altera.

Incurante delle anime

avvinghiate

all'incerto vagare.

Di scogli

risucchiati dal cemento.

Di barche invadenti

ai tuoi fianchi ormeggiate.

 

Nostalgica.

Nel perpetuarsi

del volo dei gabbiani.

Del guizzo dei cefali.

Del fragore dei tuoni.

Dei colori dei tramonti.

Di rotte di navi.

Affamata di sguardi

continuerai ad attendere

nuovi racconti.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Torre del guado” di Patrizia Quaranta

 

Eretta e trasfigurante, la parola della Quaranta celebra il luogo mediano e transizionale, in qualità di axis mundi, di dimensione assiale che raccorda l’opposizione, di tempo e d’eternità, di solidità formale della terra e di solvimento del mare, per l’elevazione spirituale del cielo. In movimento risorgente della finitudine all’infinito, è il luogo armonico che converge la molteplicità nell’unità.

Ossimori in corsia

Corpi esanimi.

Mani livide.

Tracce di diari sfaldati

da insicure certezze.

Lucida incoscienza

di un vago domani.

 

Eloquenti silenzi

nelle chiare notti buie.

Interminabili.

Lembi luminosi di ombre

aggrappati a pareti turchesi.

 

Passi sicuri

di indefinite sagome

nei corridoi bianchi

di corsie oscure.

Volti estenuati

di morti viventi

e vivi morenti.

 

Sguardi fissi

in un vuoto pervaso

da odori acri di oppiacei,

da suoni e battiti lenti,

da vapori condensati

sul vetro di una finestra.

 

Cornice inconsapevole

di storie in bilico,

di veloci lentezze,

di ricordi vivi dimenticati.

Memorie incastrate

in un lento turbinio.

 

Respiri inconsulti

di un insieme di anime sole

rinchiuse in manichini inespressivi.

Palese misteriosa attesa.

Incerta partenza per l’oblio.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Ossimori in corsia” di Patrizia Quaranta

 

La parola labirintica della Quaranta è viaggio interiore che reintegra la negazione, la malattia, il dolore, il distacco, la morte, nell’abbraccio di sintesi di opposti, nella continuità fra principio e fine, fra coscienza ed inconscio e che eleva ad una dedalica visione superna, quale volo sapienziale per la rinascita della visione al senso unico e universale dell’essere umano.

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