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Roberto Nizzoli

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Euridice” di Roberto Nizzoli

 

Gli oli del Nizzoli sciolgono le volute labirintiche nei nastri cerimoniali di un dono armonico unitario, volgendo al segreto di un profondo imperscrutabile, lungo la danza rituale involutiva dell’arte, per il descensus ad inferos. Euridice è l’ombra, l’inconscio dell’artista-Orfeo, a cui non è concessa una visione diretta dell’amata e che analogicamente ripete l’amore originario, per la riapparizione indefinita dell’archetipo nel ritmo del segno figurale, in un accentus, letteralmente nel movimento del canto dell’orfica recisione. L’arte è la trasfigurazione della morte nella vita aurorale, che apre la notte per le nuove vie prospettiche del giorno: l’arte è ciò che letteralmente l’inerte Euridice ravviva.

Roberto Nizzoli, Nosce te ipsum.jpg

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Nosce te ipsum” di Roberto Nizzoli

 

L’omaggio al precetto delfico nosce te ipsum dell’opera del Nizzoli è legato alla duplice e stessa valenza del dionisiaco e dell’apollineo: al contempo è memento mori per accettazione della finitudine umana e trascendimento al luogo divino che abita l’uomo. Nel gioco dialettico e sintetico fra la maschera e l’abisso del volto, vi è un re che sia anche il suo rovescio di giullare e un Prometeo che ruba il fuoco agli dèi, non per la via esterna, ma per la via interiore e profonda di sé, per ascolto di verità, espressa al canto del gallo della coscienza.

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