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Rodolfo Damiani

Frammenti

Che senso ha la vita

         Dal giardino sparita

            L’aiuola dove un giglio colsi

                E un seme di rosa piantai

                   Perché quel giglio è appassito

                     E petali stenti su prospere spine

                           Non danno profumo                                   

          I tanti ieri trascorsi

              L’occaso l’oggi a precipitare

                    I domani celati

                          Cancella

          Una parola risveglia

             Del cuore il tumulto

               Del tuo canto una nota

                 A rifiorir la mia gioia

                   A dettarmi poesie

                      Che non sono parole

                        Ma aria che il respiro apre

              Ancestrali radici di dionisiaci riti

                 Musica che ci chiama

                    Nel flusso universale dell’amore

                       Nell’attesa che cessi per me

                          Il turbinare dell’umano affanno

                  Sereno a posar nel giardino

                          Dell’eterno mistero                                                                                     

Critica in semiotica estetica della Poesia “Frammenti” di Rodolfo Damiani

 

Il verso rapido, discendente e spezzato del Damiani precipita la figurazione temporale della vita a soffrire nei semi monadici della solitudine degli istanti trascorsi. Il tempo si divide quando privato di senso e solo l’amore al poeta getta nuovamente alla continuità del divenire, a trovare il valore della parola identitaria nell’apertura romantica al mondo, dalla vita riflessa alla vita diretta, sino al grembo stesso della vita,

al superamento di sé all’eternità.

L'ora degli amanti

Egle,

incanto di fanciulla

che al primo sguardo

suscita del desiderio l’ardore

furtivo nel buio il tuo passo

 al cielo fisso ho atteso

a leggere estatico

storie di stelle

a sorpresa al seno mi hai stretto 

come io voglio e tu sai

carezze non rito di accoglienza

ansia di identità di intimità

in forte abbraccio ristretti i corpi

gota contro gota enfatici

a ricercar la bocca muta

a dire cose che pochi sanno udire

giaciglio il nostro di latte e miele

profumato di rose

di papaveri e margherite in sfida

sacrificio d’amore in castità

spirituale olocausto

dolce il sonno confonde gli amanti

e sparge sogni di felici connubi

la notte dismette gli oscuri pepli

profumato ristoro di brezza

risveglia l’ardore e dolcemente

spinge  a delicato rinnovato amplesso.

Critica in semiotica estetica della Poesia “L’ora degli amanti” di Rodolfo Damiani

 

Elegante e sapienziale il verso del Damiani canta dell’amore per una donna, che si eleva e si trascende nell’adorazione della più bella delle Grazie, a sublimare il piacere dell’istante nel sacrificio del rimando

al significato, che accresce la vastità del desiderio, dal segno terreno all’oggetto divino.

Tutto finché l’ora degli amanti, la notte, la sinestesia dei sensi, l’inconscio, lascino cadere ogni celamento cosciente, ogni confine e distinzione di sé, nell’altro.

Notte di malinconia

Dei muti spazi

Il lago gelido riflette

Misteriosi argentei abissi

A smarrirmi

Tutto un fremito

Il cantor della notte, l’usignolo

Trepido prigioniero mesta melodia

Di cieli liberi abisso di stelle

Degli spazi cinguettava libertà

Io prigioniero socchiusi ho gli occhi

Aperto ho la cella al prigioniero

Un trillo di gioia melodia che si allontana

Senza lacrime il pianto del ricordo

Mi sussurrava di te

Nella solitaria sera lagrime di sale sazie

Di un amore mai fiorito

Del canto d’amore sognato

Di note di solitario violino alla luna calante

Geme il mio cuore singhiozza

Invitanti le acque corrusche

Del lago chiamano

A dare la pace nell’oblio.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Notte di malinconia” di Rodolfo Damiani

 

Continua e incessante, la parola inarcata del Damiani, salta e sutura gli spazi muti di senso, a lenire la ferita dell’uomo mancante di sé alla natura, a liberarsi dalla prigionia di finitudine della condizione segnica nel canto poetante e umbratile dell’usignolo, al volo inarrestabile del significato, finché i sensi, travolti dalla sinestesia della memoria d’amore, non naufraghino, oltre la rappresentazione, all’oblio delle sole note del cuore.

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