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GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Romeo Manzoni
Disgelo
Il vento gelido
soffoca il chioccolo del pettirosso
e si diletta con i tuoi capelli
il ghiaccio azzurro
purifica la tua mente da pensieri funesti
le cose che tu immagini
si perdono lontano
ma Dio le ha già create
e te le dona in un mantello morbido di amore
il tuo è un continuo tormento
è meglio restare fuori al gelo
che al calore di una disperata rinuncia
l’inverno è lungo e freddo
ma tendi la tua mano calda
a chi ti sta accanto
e vedrai che inizierà il disgelo
Critica in semiotica estetica della Poesia “Disgelo” di Romeo Manzoni
Continua, la parola semplice e familiare del Manzoni è rituale avvalorante di un legame profondo del luogo umano al luogo naturale, per il superamento del tempo lineare della perdita, per la partecipazione al tempo circolare delle stagioni, al tempo che accoglie, dona senso e rinnova ogni cosa. L’inverno diviene così al poeta il dono divino di un abbraccio grembale di catarsi ed è la rinascita della vita al primo sole vero dell’amore condiviso.
Vento torrido
Nessuno riesce a legare il tuono
e nessuno riesce ad appropriarsi
dei cieli di un altro.
Ogni istante si dissolve e si trasforma
velocemente in passato,
abbi cura dei tuoi ricordi più belli
perché non puoi viverli di nuovo.
Siamo immersi in una solitudine
inebriante che ispira la libertà
ma anche un disperato sconforto.
Vedo soltanto gli sguardi tristi e disperati
di centinaia di bambini ignudi
mentre i soldati avanzano
e sanno quello che fanno.
Fai di me un albero
e crea una giornata di vento torrido
e poi aggiungi un cielo terso e azzurro,
è lì che starò sempre fermo ad aspettare.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Vento torrido” di Romeo Manzoni
La parola tersa del Manzoni esprime il valore del tempo, la solitudine e l’orrore per la colpevolezza del conflitto che nega, con l’esistenza dell’alterità, l’essere stesso dell’identità, cercando illusoriamente l’affermazione sulla distruzione dell’altro. In questo scenario di degenerazione identitaria dilagante, il poeta torna così immaginativamente all’equilibrio armonico dell’albero, al senso delle cose, nella sintesi fra inconscio e coscienza.