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Rosa Marasco

Rosa Marasco, Immerso, tra la Terra e il

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Immerso, tra la Terra e il Cielo” di Rosa Marasco

 

I volumi pittorici della Marasco stagliano la netta presenza della figura materica, definita, ponderata. Eppure lo status quo della realtà materiale artisticamente si trasfigura, liberata dal peso corporeo nell’idealizzazione dell’estasi. La terra del corpo è innalzata allo spirito aereo, alla luce del cielo, per mezzo dell’elemento acqueo, muto alveo di morte e di rinascita. L’artista conduce da un primo stadio di poiesis, di creazione segnica, a un secondo stadio di ekstasis, per la libertà dal dato di presenza, per l’istantanea perdita di sé, nel superamento dei propri confini. È il gioco ciclico individuativo, nell’alternanza del perdersi e del ritrovarsi, che rende l’uomo ogni istante fanciullo di se stesso, a ricominciarsi.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Abbraccio” di Rosa Marasco

 

Fra luce e ombra in equilibrio armonico, la Marasco accende l’abbraccio materno nella fiamma di una candela, a raccogliere lo spazio alla dimensione interiore del sentimento. La natura corporea è presente e accresciuta nella sinestesia tattile dello sfioramento delicato e alla riflessologia fra le dita e le labbra, nell’eco diffusa del desiderio protruso e basciante. Al contempo l’elemento igneo nutre la fisicità di una verticalizzazione, che trascende la natura alla dimensione sacrale, allora la mano materna di un amore più alto incorona il capo del fanciullo redentore, a suggere al seno della luce.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Natura che resiste” di Rosa Marasco

 

Sensibilissima, la creta della Marasco, nell’isomorfismo del venire alla luce umano e arboreo, si eleva di un’alba spiritualizzazione dalla potenza della materia grezza e cruda della terra, nel panteismo immanentistico di un respiro unico, che lega il vivente. È la resistenza alla corruzione del divenire che la natura essente oppone al tempo e agli accidenti, a riaprire la direzione del sentire alle radici profonde della provenienza inconscia e sempiterna. È dall’indistinzione della vita tutta, dal grembo terrestre e materno, che risorge ogni forma all’esistenza, dalla memoria immemoriale che frastaglia ogni nube fugace di pensiero.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Pandemia” di Rosa Marasco

 

Dall’ombra alla luce, il dolore della Marasco è trasformazione.  È la morte crisalidea della parola e della forma, a trovare la sizigia dell’opposto al silenzio e alla materia emozionale. L’isolamento nel bozzolo delle proiezioni psichiche si apre al viaggio interiore, alla rivisitazione della propria origine, alla ricerca di una verità collettiva, perché venga alla luce il breve volo di farfalla di un’espressione intersoggettiva condivisa alla coscienza, che comprenda l’Altro, perché interiorizzato. L’integrità passa attraverso la decostruzione, dell’azione libera d’essere oltre la forma, al di là del sacrificio della figura e in transito aperto. L’artista ripercorre un’etica della conoscenza, che ciclicamente tace per un nuovo suono rinascente, perché non ci sono che fragili e avvicendanti modi di sapersi, di sapere.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Ferita” di Rosa Marasco

 

Il volto scultoreo della Marasco evoca il trauma della nascita dell’uomo, che decade dal luogo edenico d’infinità prenatale, dal grembo materno alla ferita costitutiva della mancanza ad essere e del rimando, alla pienezza originaria irraggiungibile. Eppure, la fragilità stessa della coscienza dell’uomo è il punto di partenza della volontà, del movimento del desiderio di superamento di sé, che nello spazio bianco e residuale, fra sé ed altro, trova l’apertura della possibilità ulteriore: il senso stesso dell’essere.

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