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GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Sandro Orlandi
Semplicemente vita
Una sedia impagliata
accanto al camino spento
antiche mura di pietra
fatica e tormento.
Una vita stentata
tra silenzi e preghiere
sorrisi e sospiri
e mai un lamento.
Un ferro da stiro annerito
il pentolone per la minestra
un tegame arrugginito
nero fumo sulla piccola finestra.
A capo chino ti vedo rammendare
calzini e pantaloni
mentre in silenzio continui a sperare
in un futuro di grandi emozioni.
Lentamente la tua vita è passata
come lento passava allora il tempo
tra mille cose sognate
e speranze portate via dal vento.
Resta una sedia accanto al camino
freddo come sono ormai le tue dita
l’immagine di Maria con sotto un lumino
e nell’aria l’essenza
di una malinconia infinita.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Semplicemente vita” di Sandro Orlandi
Musicale e rituale, la parola dell’Orlandi accompagna il tempo cadenzato che ritorna, che vince la fuga e la perdita. È il tempo circolare della vita avita, del tempo legato dalla continuità di senso nei gesti di fatica, sulle fondamenta salde del valore, degli atti che trascendono nella fede, nei segni di sacrificio, per una verticalizzazione di sacertà. E fonde la nostalgia dell’assenza al fuoco vivido della memoria, che avvalora e significa la vita della qualità vera della semplicità, che l’umano caratterizza di speranza.
È ora di tornare
Ho disegnato un sole
con la penna di un gabbiano.
Ho contato le onde
rincorrersi fino a riva.
Ho gettato il mio cuore
oltre l’orizzonte,
tra lo scintillìo dell’acqua
e sotto un magnifico tramonto d’ottobre.
La brezza increspava il mare
e riportava i ricordi.
Un profumo
una canzone
l’immagine sfocata di un volto
una voce
una mano che saluta
un sospiro di rimpianto
un sorriso,
una carezza di malinconia.
Il peschereccio carico si trascina,
rientra nel porto,
una nuvola d’autunno copre il sole.
È ora di tornare.
Critica in semiotica estetica della Poesia “È ora di tornare” di Sandro Orlandi
La parola dondolante e malinconica dell’Orlandi conduce dolcemente nel viaggio al largo del mare, come nel grembo dell’inconscio, a superare i confini di spazio e di tempo, a reificare il perduto, che lenisce il ritorno alla solitudine autunnale della coscienza.