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Sergio Benedetto Sabetta

Madre

Madre,

sono volato oltre il cielo,

nelle vette dei ricordi,

ti ho cercata nella profondità dei sogni

dove si perde l’orizzonte del sé.

 

Madre,

ti ho visto negli occhi delle fanciulle,

nelle lacrime lente del silenzio,

ti ho rivisto nelle notti insonni

dove scorre lento il pensiero.

 

Madre,

sei ritornata nello sguardo di chi mi ama,

nella passione di un bacio,

ti ho sentita tornare con un sorriso

nei gesti gentili di una donna.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Madre” di Sergio Benedetto Sabetta

 

Nostalgica e dedicata, la parola romantica del Sabetta riapre il discorso di continuità inscindibile al luogo materno. Nel grembo primario si vive un’organizzazione di sé in proiezione psico-affettiva sull’ambiente intrauterino, in un vissuto edenico d’infinità ed è trauma la nascita ed è lutto finanche di se stessi la perdita della madre. Del poeta è la potenza configurante della sinestesia dei sensi che redime dalla morte lacerante: l’amara antitesi del mondo è vinta in una rinnovata e regressiva sintesi, nella viva presentificazione trasfigurante di un’assenza.

Pensiero

Dissolti nel pensiero, somma di azioni

in cattedrali gotiche, susseguirsi di gesti

in innumerevoli ignote mani, sale

nel sovrapporsi lentamente il muro.

 

Pietre lanciate verso il cielo,

colonne di saperi ne sostengono la volta,

voci impastate nel lievito

di un canto gregoriano, unità,

armonia umana nello scorrere del tempo

distillata in massicci, ruvidi scrigni,

squadrati pensieri romanici.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Pensiero” di Sergio Benedetto Sabetta

 

Con architettonica alchimia, la parola del Sabetta dona a ritroso il viaggio corporeo e tangibile del pensiero, a trovare il crisma rituale del gesto, del movimento, del canto, che solleva l’oggetto del sapere. L’anonimia e la pluralità inconscia delle azioni solvono all’armonia irriflessa della vita e coagulano alla verticalizzazione delle lingue e delle letterature romanze, come delle pietre dell’arte romanica.

Bolle

Bolle di sapone vaganti nell’aria,
esseri in folate di vento,
pensieri sciolti nel trasparente filo di fumo 
di un cerino, zattere senza vele nell’infinito
ondeggiare delle merci, nel negare la creazione,
manufatto, sintesi dell’atto costitutivo, 
si disperde il pensiero, rocca di pienezza
dell’esistere fissa nel blu del cielo,
promessa di dignità.    

 

Critica in semiotica estetica della Poesia “Bolle” di Sergio Benedetto Sabetta

 

Ascensionale, la parola del Sabetta sublima l’apparenza convenzionale della rappresentazione nella direzione alla verità essente. Si è moto effimero e transeunte e al contempo via d’infinito per lo stesso status ontologico di dignità, per l’atto di una condizione in potenza, per il valore di compiutezza dell’uomo nel suo superamento.

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