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Silvio Di Fabio

La mia terra

Sul viale del tramonto riaffiorano
le mie radici, pescano al fondo
linfa antica che nutre nel profondo
il mio presente. In silenzio parlano


all’anima e sanno di terra arata
che pulsa in mano: sento la fatica
e il peso della zappa, orma piegata
ai padri e alla dura semina antica.


Raccontano di vigne e di sementi,
di ulivi secolari generosi
e aspri come quei passi vigorosi
che giungon stanchi a casa ma contenti.


E sul far della sera la raccolta
in festa si trasforma col sapore
di ventricina e del figlio che ascolta
umili padri figli dell’amore


dolce e autentico per la stessa terra.
Si rubano discorsi attorno al fuoco,
tempi lontani, ricordi di guerra
e anche la luna s’infila in quel loco.


Ma il tempo non si ferma a ricordare,
scorre impetuoso come un fiume in piena,
punta alla vita incerta, non serena.
Forse è giunta l’ora di soffiare


un’ultima scintilla se ritornano
tutte in fila le fiaccole e le pagine
di un presepe mai morto e oltre l’umano
è il silenzio dinanzi all’immagine


della cometa che, posato il velo,
scalda quel buio freddo delle grotte
che, come noi, mutano nella notte
spingendo il cuore ai margini del cielo.

Critica in semiotica estetica della Poesia “La mia terra” di Silvio Di Fabio

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Sacrale ed epifanica, la parola musicale del Di Fabio è tempo che ritorna, oltre la fuga e la perdita, che rituale rifonda il valore delle cose. Muove dal ricordo, al riaccordo originario, a cercare l’azione rappresentata e vissuta all’emozione vera della forza e della costanza. Il poeta figura l’immagine materna della terra e della memoria, come ciò che dà senso e forma al presente. Il rito di dedizione liricamente sposa l’armonia di uomo, di natura e di deità e partecipa al sacrificio di rinascita alla luce di conoscenza, di speranza.

Il senso dell'Amicizia

Perso a inseguir nel prato
un filo vago di memorie
nascosto tra corolle 
di margherite chine 
alla luce del tramonto.
Suoni e colori si intrecciano
tra le foglie di una magnolia 
in penombra, dalle braccia protese, 
come a invitare 
a ricordare qualcosa che sfugge 
nella sera che scende.
Mi sorprende ancora 
l’eco della tua voce
quando ritorni a bussare
nei miei occhi all’improvviso.
Ti sento 
nel chiarore della lontananza.
Lascio che sia il vento 
a scolpire nel silenzio 
il suono e il senso 
della nostra Amicizia.

​

(A Francesco, il tuo ricordo continuerà a splendere)


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Critica in semiotica estetica della Poesia “Il senso dell'Amicizia” di Silvio Di Fabio

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Sensibilmente forte, la parola del Di Fabio canta del sentimento imperituro dell’amicizia, oltre il tramonto della vita. La magnolia, emblema di Venere, invita a cogliere la bellezza nella differenza, nel rimando alla natura. È forza e purezza nella perseveranza, in vittoria sul destino avverso, a ritrovare nel riflesso la luce diretta e splendente della presenza, della continuità di senso.

Strisce di lacrime

Ti devo il mare
che stasera mormorava
nella malinconia dell’abbaglio
ultimo del tramonto.
Gettava a riva il ramo levigato 
per farmi riconoscere.
Rinnovava la mia nostalgia
nel disciogliersi infinito
delle piccole creste;
straziava la mia innocenza
nell’ultima scintilla
del palpitare tragico e tenero della luce.
Sussurrava che nel respiro immenso,
nelle eterne parole degli abissi
la verità declina tra riflessi cerulei,
che la voce,
l’ultima voce della mia coscienza
era laggiù, lontana, nel tramonto.
Dove piovono,
sull’acqua illividita,
limpide strisce di lacrime.

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Critica in semiotica estetica della Poesia “Strisce di lacrime” di Silvio Di Fabio

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Dondolante, la parola del Di Fabio affida il dolore della coscienza al mare dell’inconscio, per reintegrare gli opposti nella catarsi della partecipazione panica del grembo naturale. E il lenimento dell’inconscio è da restituire, per la palingenesi della coscienza.

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