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Teresa Riccobono

Sulla porta

Risalire

le scale del tempo,

rientrare piano

fra gli intonaci

calcinati di silenzio

e sedersi sulla porta

tra gli sguardi

e le parole taciute

che entrano

nell’incavo della sera

 

lassù il mulino

batte senza sosta,

l’acqua trascina con sé

la quiete della valle,

rotta a tratti

dai clacson dei camion

che passano

come respiri luminosi

 

spezzato l’incanto

che arabescava

i sogni d’infinito,

sono andata via

con i capelli scampati

al taglio della primavera

fili di caucciù gli ideali

ludici, stregati, forti

promesse di deserto,

cipressi e stelle

 

e ora, nei rari ritorni,

ora che è mio

il segreto delle radici,

rosse, profonde,

e del vento mai stanco,

ora, qui, soltanto

le ombre vacillano

al margine del pianto.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Sulla porta” di Teresa Riccobono

 

La poesia della Riccobono confida un viaggio interiore, un movimento di volontà. Le immagini abbandonano il tempo lineare e disegnano l’umano “sulla porta”, oltre cui è il grembo della sera, la porta “tra gli sguardi e le parole taciute”: il luogo che riconosce e ridona all’essere un nuovo nome, dal silenzio dell’infinito e melodico abbraccio alla natura, al solo tempo elementare dell’acqua, puntualmente infranto, dall’arsura della coscienza. E il pianto, sintesi degli opposti, è rinascita e catarsi del volere.

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