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GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Tiziana Gabrielli
Giovane è il tempo
È spina il tempo,
ferisce e rifiorisce
nel sangue, dentro la carne
in questo silenzio acuto
che sembra già una resa
Il tempo è una rosa
che brucia nel fuoco
dei battiti
in una terra straniera
È il cuore
di un paese
straziato
che respira ancora
tra le macerie
nel fiato orfano di un cane
a vegliare
un’alba senza nome
Giovane è il tempo
nella trasparenza dell’abisso
come un groviglio d’azzurro
tra le stelle e gli ulivi
e un sussurro d’erba – un soffio appena
nell’invisibile del mondo
Critica in semiotica estetica della Poesia “Giovane è il tempo” di Tiziana Gabrielli
La parola etica e filosofica della Gabrielli è configurazione kierkegaardiana del tempo in spina nelle carni, angoscia dell’estromissione dall’essere, che è umana resa, restituzione all’alterità del suo aver da essere irraggiungibile e consegna di sé alle mutevoli forme inarrestabili del divenire. Il tempo odierno è sempre giovane al monito della poetessa: lineari e progressive dipartite, a popolare l’identità parfitiana nella sua successione isolata d’istanti orfani per patricidio, anche privi della continuità della memoria, del valore del nome, in assenza di un’oggettualità come senso, della ripetizione rituale di un’origine, di sacralità, di ogni etica dell’azione, che è invece soglia dell’umano nella parola, fra natura e cultura.
Il suono dell’ombra
La luce del grido
grandina l’assenza
in un’altra notte, notte
senza un mattino
Frana l’aria.
È l’alba
nel nero che precipita
fino al ciglio dell’anima
fioriremo dal nulla
come in un sogno d’acqua
Sopra le algebre binarie
dei giorni
l’odore del nero
precede
la linea del dire
e la misura
sterminata
dell’ignoto
*
Dall’ombra
all’ombra
imbrunano i fiati
nel valico del sangue
è sillaba della fine
la tua voce
tra le orbite dell’iride
e il segno
inciso sulla pietra
Di ora
in ora
all’ultimo vocale
miracolare
perdersi non è ancora
morire
in questo eterno sconfinare
senza traccia
Critica in semiotica estetica della Poesia “Il suono dell’ombra” di Tiziana Gabrielli
È abbraccio profondamente sinestesico la parola della Gabrielli, fra la consapevolezza filosofica della coscienza e lo smarrimento estatico dell’inconscio, a portare la parola indietro, nel continuum elementare al mondo, al suono, al tono, all’emozione, a trovare la dimensione ineffabile, irriflessa e altra della meraviglia di verità, a rinascere dall’unico sussistere accadente.
Ombra del bianco
Tu
ombra del bianco
sei nel nulla,
un numero fisso, materia
che non trema
quel fuoco che consuma ogni attimo
l’infinito trapassare
dell’istante presente all’eterno
la caduta, l’usura del sangue
e la sua gloria
l’incepparsi del respiro
Non sei dove sai
ma vieni dalla notte che ti oltrepassa
nell’aperto di un’alba
che s’alza
come una nostalgia
ardente
*
Nel tuo cerchio di pietra
sanguina
l’intero del buio
in un fiato appena
precipitano tutte le ore sul tuo viso
oscura camera-mondo, oscura
sete di luce
scuote l’anima
del vuoto
il suono dell’origine, la nostalgia
dell’uno
Dal buio nudo un gettito,
come il nulla
Critica in semiotica estetica della Poesia “Ombra del bianco” di Tiziana Gabrielli
La parola della Gabrielli si nutre di cromie filosofiche ad esprimere tutta la tragicità vibrante dell’umbratile condizione umana, fra insanabile nostalgia dell’uno e movimento segnico come nullificante assenza di una presenza perduta, condannata all’esilio in una distanza e in una differenza, in un altrove da essere.