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Valentina Bollea

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Dove” di Valentina Bollea

 

Il dove, il luogo dell’uomo contemporaneo, è agli occhi fotografici della Bollea approdo dimentico al porto del sapere. La soglia della parola è oggi usurata e chiusa: nega l’evento, che riapra all’altro e al transito della sua significazione. La terraferma dei saperi è meta pregiudiziale, che isola la carcassa immota di un uomo che creda aver raggiunto una destinazione. Chiama e ammonisce la marina dell’artista, a nuovo viaggio, a nuovo incontro, a nuovo essere.

Critica in semiotica estetica dell’Opera “Cieli coperti” di Valentina Bollea

 

L’immagine fotografica della Bollea, se anche afferra l’istante, sorprendentemente non ne arresta il movimento e in questa sospensione lanciata è agli occhi e al cuore la vetta dell’emozione, serbata indomita dall’artista, come fosse entro la sua fuggevolezza vitale. Come la nube può addensare e coprire la distesa celeste e se anche celata la vastità mai perde la sua forza, il suo gesto, la sua voce, la sua luce, così allo stesso modo la donna, se anche indotta all’anonimia della sembianza, mai smarrisce la vastità interiore del suo essere inalienabile, nel desiderio, nel sentire, nell’umano volo della volontà.

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Critica in Semiotica Estetica dell’Opera “Dietro le quinte” di Valentina Bollea

 

Il lucore primo delle sospensioni fotografiche della Bollea, fermato in un istante eterno, cattura il luogo franco, che si apre dietro la rappresentazione teatrale, che precede l’iscrizione nello sguardo dell’alterità

e che vince la bidimensionalità della superficie mascherata e mascherante. È la latenza umbratile dello spazio transizionale, prelinguistico e precategoriale del corpo, nel possibile infinito a venire. Attraverso l’altro inevitabilmente l’essere si scinde, nel dualismo insanabile di verità e di rappresentazione in maschera; l’artista salva dal passaggio alienante, strappando alle ombre un fugace frammento adamantino di verità in purezza, ancora sognante, fra nigredo inconscia e albedo lucente.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Cerco te” di Valentina Bollea

 

L’emozione impressa nella luce della Bollea supera i confini identitari, a cercare il riguardo dello sguardo altro, esperito nella dimensione precategoriale e irriflessa di un corpo senziente, di un cogito tacito. Sé ed altro diviene un chiasmo poetico, che abbraccia la coppia nella doppia direzione di percezione individuativa, un intreccio della visione: reciproco guardare di sé nello sguardo dell’altro. È questo un atto di transustanziazione della persona: la ricerca della sostanza di sé nel movimento ad intreccio, perché si viva nella reciprocità relazionale, che rifotografa l’identità nella coscienza di ciò che nasce dalla causalità e finalità reciproca.

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