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Valentina Rizzo

Battiti dimenticati

Ho spento l’infinito

in un nevicar di viole,

la curva dell’aurora

brucia nell’estate

degli inverni miei

come luce di diamante

in questo silenzio d’universo.

 

E se il tempo piovesse

sui miei battiti dimenticati

come narrativa lunare

in appendice all’esistenza,

frazionerei l’eco del tuo io

in bozzoli di meraviglia

come passeggiate d’anima

ubriache della mia stessa vita.

 

Il firmamento dei pensieri

s’abbraccia al mio petto

come diari di marea,

eccoci a ricucir

dolce poesia del silenzio.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Battiti dimenticati” di Valentina Rizzo

 

Segreta, densa, immaginifica, la parola della Rizzo è itinerante riscoperta del sentimento di vita unisona, in sincronia sintonica e consustanziale all’alterità e al mondo, al luogo di provenienza immemoriale, perché cada nel ritmo del tempo, ad empire le forme seconde ed infinitesimali del quotidiano, per una meraviglia inesauribile. Nell’abbraccio infinito degli opposti al senso, il ricamo d’immagini cuce e discuce i pensieri all’emozione.

L'idea spoglia

Divisioni d’infinito

carezzano le desinenze del mio io

ed un grembo di cielo

avanza petali del nostro domani,

tesse battiti di nostalgia

impigliati in refusi lunari.

 

Sbottono una valigia d’eco

fra le consonanti dell’anima mia

e ripenso ai nostri giorni feriti,

ad un sipario d’incontri perduti,

ad una risacca di cometa

a stringere solitudine d’eterno.

 

Rafia di vuote abitudini

soccorre il tempo dei pensieri

in questo silenzio d’aprile:

sei l’idea spoglia

del mio cuor in divenire.

Critica in semiotica estetica della Poesia “L'idea spoglia” di Valentina Rizzo

 

Nudante, la parola della Rizzo rincorre profonde sinestesie dei divenienti sentire del cuore, per sublimare nell’alterità l’essenza stessa dell’infinito, da cui tutto proviene, a cui tutto ritorna. In eco seconda, lunare, ferita e innamorata d’eternità, il silenzio aprilano d’Afrodite lentamente spoglia del velo di Maya della rappresentazione, per il fiorire dischiuso dell’essere stesso.

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