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Valeria Marzoli

Oltre

Andrò oltre questi rami di pesco
che divampano nell’orizzonte fino a che 
imparerò a perdonarmi e accettare le mie fragilità. 
È chiaro che le distanze che dividono ogni vita sono incolmabili
e mai nulla saprò di te
e mai nulla saprai di me.
In fondo è solo la morte il punto che ci unisce.
In fondo i complicati moti del nostro cuore sono solo illusioni.
E tu non venirmi a dire che farai sparire 
queste mie parole nell’oscurità della notte.
E tu non venirmi a dire che un giorno ci
ricongiungeremo con questo tappeto di stelle
perché lo so già.

Critica in semiotica estetica della Poesia “Oltre” di Valeria Marzoli

 

Profondamente ironica, la parola della Marzoli è riflessione sulla condizione di mancanza dell’uomo che non è verità, ma erroneo segno caduco, che solo trova senso nel superamento di sé al mondo, nel completamento di sé all’alterità, alla memoria immemoriale di una stessa provenienza che si fa unica destinazione.

Fango e cemento

Come se ci fosse un canto sottile
tra i pezzi della mia anima in subbuglio 
che trema nell’ombra di questa lunga sera invernale.
Il semplice fatto che a piedi nudi 
ho attraversato sentieri scomodi e strappato dalle mie labbra 
una bella parola e poi altre cento, 
mi ha reso fango e cemento.
E poi mille tagli sui polsi.
Quei punti neri sparsi 
sulla mia bianca schiena raccontano di 
questo mare di ruggine che mi sommerge
e non mi lascia via di scampo.
Ho lunghe spine nei miei occhi che non riesco a togliere
e tu lo sai. 
E poi mille tagli sui polsi.
Voglio fuggire via da questo vento cattivo 
che mi ferisce la faccia e mi tiene prigioniera.
Un passo dopo l’altro per non fermarsi mai.
Via da qui.
Via da qui.
Via da qui.
Via da questo buio.   

Critica in semiotica estetica della Poesia “Fango e cemento” di Valeria Marzoli

 

La parola dolente della Marzoli affida al tempo circolare della natura, al silenzio dell’inverno, custode di un’anima di vita che non muore, archetipo d’albedo, di catarsi. È l’evento unitario di senso, che reintegra ogni opposizione. La poetessa supera il sacrificio della nigredo, vince la morte iemale e crisalidea della coscienza nella messa in opera di una germinante verità primaverile, che sarà nuova e risorgente. È il segreto universale della trasformazione, dell’azione libera dell’essere oltre la forma.

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