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Vida Praznik

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Inverno” di Vida Praznik

 

Glaciale e bruciante, il luogo invernale della Praznik congiunge gli opposti di luce e d’ombra, di fuoco e d’acqua, di coscienza ed inconscio, in un abbraccio sintetico e coessenziale di catarsi, ove tutto si riversa, molteplice nell’uno. L’artista affida la rinascita della vita al rituale del grembo universale della terra e al tempo circolare delle stagioni, che trasmuti la nigredo della finitudine umana, in albedo della primavera di coscienza. La stagione è letteralmente la stanza seminata del legame profondo, del luogo umano al luogo naturale, per il superamento del tempo lineare della perdita, per una rêverie di stelle terrestri, perché sia l’eternità l’oggetto di un sogno, tutto umano, a densità infinita. 

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Tra le betulle” di Vida Praznik

 

Lo sguardo d’elevazione della Praznik è all’albero cosmico, alla fanciulla boschiva, che collega il bitume della terra alla luce del cielo. Dallo stato di nigredo dell’indistinzione, che restituisce alla materia inconscia, è la sublimazione spirituale dell’albedo, del nuovo albore iniziale, per metamorfosi risorgente. Tramonta la dimensione fallace della rappresentazione cosciente e, lungo l’adamantino delle cortecce, volge nelle foglie la saggezza filosofale del cuore. Al rosa primo dell’aere è l’amore sublimato che vince la morte: la manifestazione del divino, che tutto risolve all’unità.

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