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Virginia Vicario

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Abbraccio” di Virginia Vicario

 

Il gettato pulsionale, primitivo, diretto e immediato della Vicario è la ricerca ignea e sanguigna della continuità unica del movimento, che precede la scissione e la definizione in forma cosciente. L’arto fisico è strumento che lega, arte di giunzione, sollevamento che anima il flusso artato, letteralmente stretto dal sentimento, che incontra il molteplice e l’opposto e unifica all’indistinzione notturna, per una rinascita siderale del sapere.

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Critica in semiotica estetica dell’Opera “Neve” di Virginia Vicario

 

Il segno chiuso e continuo della Vicario è archetipo primo del concentrico pulsante, luogo di sacrificio e di rinascita, che dalla uroborica latenza iemale del silenzio ricompone la primavera in potenza. Nell’inconscio tutto si riversa ed è la sintesi abbracciante di ogni divenire formale, che riconduce il molteplice nell’uno, in un sogno inquieto e profondo che ha per fatale oggetto l’eternità. Si è in passando, fra finitudine ed infinito. La rinascita della vita si affida al rituale del grembo universale della terra e al tempo circolare delle stagioni, a vincere la nigredo della finitudine a vanire, nella nuova primavera della coscienza.

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