​
GALLERIA DI OPERE IN POESIA E ARTE CONTEMPORANEA
con Critiche in Semiotica Estetica di Fulvia Minetti
Vittorio Di Ruocco
Il vento silenzioso della morte
È un vento silenzioso quasi astratto
a trascinarci verso l’orizzonte
che appare come l’orlo dell’abisso
a noi viventi all’ombra della morte.
La piazza vuota al colmo del mattino
rende lo sguardo muto e sconsolato
a chi quasi a difendersi dal nulla
s’affaccia appena ai bordi della vita.
Il tempo sembra immobile, è un tormento
come una spada pronta a trapassare,
che fissa ad un centimetro dal cuore
non indietreggia né si lascia andare
al colpo che dilegua l’agonia.
Stammi vicina amica mia speranza
rinuncia ai tuoi propositi di fuga
da questa terra amara e maledetta,
rendimi almeno un palpito di luce.
Fa’ sì ch’io qui non resti a consumarmi
tra pile di ricordi e di rancori
ma possa ancora prendere per mano
la donna mia che attende sulla soglia
avvolta nel vestito dell’amore.
E se grida più forte la tempesta
e la paura annera ogni sorriso
perché il nemico occulto ci divora,
tu non abbandonarci alla deriva
ma guidaci nel tempio dell’aurora,
lontano, via da questa infausta notte.
Insegnaci ad usare le parole
raccolte lungo i viali del silenzio
per colorare di nuova bellezza
il volto sfigurato della vita.
Vedrai ritorneremo a camminare
con gli occhi accesi dalla meraviglia,
e finalmente ancora a respirare
il brivido innocente di un abbraccio.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Il vento silenzioso della morte” di Vittorio Di Ruocco
La parola cantata del Di Ruocco, salvifica, libera l’uomo dal vento della morte e dissuade al vento della speranza. La tensione della condizione segnica dell’uomo rimanda alla quiete all’oggetto di morte e, se prima dimorava naturalmente all’ombra oltre orizzonte, ora è al nulla che abita appena oltre la finestra e che il sole pieno della coscienza e della piazza del paese non possono osteggiare. Eppure, il poeta invita all’invocazione della speranza fertile dell’immaginazione di futuro, che fa dell’uomo non più mera intenzione di morte, ma progetto d’amore, di parola, di bellezza.
Se tu mi regalassi l'infinito
Sei magma travolgente che risale,
tu liquida fanciulla delle nevi,
signora del tramonto e dell’aurora,
lampo che sferza i nudi miei pensieri:
magnifico ciliegio che s’infiora
quando la primavera è ormai lontana
e il gelo del ricordo mi consuma.
Se tu mi regalassi l’infinito
puntando il tuo sorriso nei miei occhi
certo la morte non mi sfiorerebbe.
Potrei innalzarmi fino alle tue vette
nell’onda di un crescendo rossiniano
e arrendermi ai silenzi dell’oblio.
E se dall’oltremondo della notte
un grido di dolore mi cercasse
saprei come trascendere la sorte
correndo quelle stelle luminose
che stanno alate a ricamare il cielo.
Nascosto nelle latebre del tempo
navigherei le acque misteriose
che dall’occulto mondo del passato
tempestano di sogni la memoria.
Attingerei la luce dall’aurora,
con uno scatto fiero e silenzioso
per rivestire ogni mia parola
della più incomparabile bellezza.
Sarebbe come nascere davvero
nella più sacra delle tante vite
vicino alla tua immobile presenza
lontano da ogni fragile cammino
compiuto nel tepore dell’attesa.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Se tu mi regalassi l'infinito” di Vittorio Di Ruocco
Endecasillabo e melodico, il verso del Di Ruocco aderge la donna amata a tramite dell’infinito, ella fa mostra di magnificenza nel dono della soglia del sorriso, che accoglie e ripara dal tempo e dalla morte, grembo gestante e di trasmutazione, che ogni scissione duale risolve in unità armonica. La sacertà dell’amore è nel valore del trascendimento di sé, dal segno al senso nella sinestesia, dal tepore transeunte della fragile attesa di una costitutiva assenza, all’ardenza instante dell’essere, all’oggetto di vita eterna, alla rammemorazione immemoriale della deità.
Il mare vivo della tua bellezza
Tramonta il tuo sorriso nei miei occhi
quando seduto all’ombra di un ricordo
mi perdo nel tepore dell’attesa.
Non vale a nulla il pianto che dirompe
lungo le valli accese del tormento
e scuote e incendia i boschi del perdono.
​
Ma le ali dell’amore sono vento
fanno tremare i muscoli del mondo
danno alle fiamme petali di stelle.
E nel tragitto intatto e disperato
del mio travaglio che dipinge il sogno
ti stagli più impietosa della morte
nel mio orizzonte a scolorare il tempo.
​
Ed io sconfitto dalle tue parole
tagliate dal coltello del silenzio
asciugo le mie lacrime scolpite
sopra il mio viso come stalattiti.
Sono crepacci i buchi nel mio cuore
divorano le timide speranze
che sbocciano improvvise nei miei sogni
quando la notte fa già più paura.
​
E tu fantasma vivo e inaspettato
annienti ogni più timida illusione
lasciandomi annegare nel rimpianto.
Ma non sparire, lasciami volare
lascia che le parole disperate
raggiungano i tentacoli del tempo
e il mare vivo della tua bellezza
frantumi la mia anima smarrita
in perle di magnifica speranza.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Il mare vivo della tua bellezza” di Vittorio Di Ruocco
In meravigliosa sintesi elementare, la parola cristallina del Di Ruocco è estetico rituale di catarsi, al descensus all’ombra della notte, del silenzio, dell’inconscio, al tempo fermo, al naufrago timore impietoso del trapasso nel rimpianto. Il poeta ritrova la presenza eterna nell’amore, alla sublimazione del corpo all’anima cosmica onnipervadente, quale simbolismo totale del Sé, a redimere il dolore in coscienza, a reintegrare il rimosso al senso, a rinascere dall’annientamento di una bellezza ineffabile, alla speranza, al fanciullo albore di un presente.
Sei tu la meraviglia della vita
Sei tu la meraviglia della vita
il varco inaspettato per le stelle
l’ultima strada per la mia salvezza.
Sei tu il silenzio che si fa parola
quando i miei occhi cingono i tuoi fianchi
e la ragione si è già fatta amore.
Sei la mia folle aurora che ritorna
a rendere mirabili i pensieri
venuti dalle oscure lontananze
a rendermi introvabile al destino.
Sei foglia ciondolante nel mistero
di questo bosco ormai pietrificato
dal tempo che ferino mi divora.
Sei il vento che mi porta all’orizzonte
oltre la vacuità della ragione
nel mondo intatto della tua bellezza.
Sei l’attimo piombato dall’eterno
a spalancarmi l’anima del mondo
racchiusa nei tuoi occhi innamorati.
Sei il seducente volto della luna
ornata dal tuo pallido sorriso
di terra irraggiungibile e fatale.
Sei il buco nero della mia esistenza
il vuoto inevitabile e perfetto
dove s’annega lassa la memoria.
Ed io pazzo impietrito dal tuo sguardo
resto aggrappato a lembi di speranza
nel vano tentativo di afferrare
l’essenza trasparente e portentosa
dell’anima tua inerme affissa all’ombra
che silenziosa strugge la mia vita.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Sei tu la meraviglia della vita” di Vittorio Di Ruocco
Con celebrazione sublimante, la parola essenziale e romantica del Di Ruocco affida la meraviglia ineffabile della donna amata ai luoghi naturali e divini. Questa dea Ecate, questa gorgone Medusa, è amore diretto e impossibile, è silenzio, è follia, è ombra, è caos, è infinito, che precede il pensiero: è la morte rituale di una rinascita della bellezza.
Amore che ritorni sul cammino
Amore che ritorni sul cammino
aspro, caduco e avido di senso
di questa vita che non rassicura
non mi cercare più nei rovi accesi
non è più là che annego nel mio pianto.
Lasciati accarezzare dal silenzio
e nuota in questo mare di parole
lungo le dolci acque della notte.
Lascia che la mia immagine ritorni
ad albeggiare ancora nel tuo sguardo
che mi travolse quando ero disteso
nudo al tuo fianco senza più temere
l’orribile menzogna del sospetto.
Cammina nei meandri del mio cuore
illuminato dalla tua presenza
priva di dubbi, nuvole e rimpianto.
Regalami l’ebbrezza di un sorriso
dei nostri corpi fusi nell’abbraccio
estremo e ineludibile del sogno
che torna ad inverarsi oltre l’inverno.
Trafiggimi col miele dei tuoi sensi
fammi cadere esanime, sfinito
dai nostri amplessi immaginati e veri
plasmati dalla dea della bellezza
dal desiderio che si fa realtà.
Ma se tu non vedessi più il mio volto
nei tuoi pensieri d’alba e di tramonto
scaglia senza pietà il più truce dardo
intinto nel più torrido tormento
al centro del mio petto ormai indifeso.
Così potrò affrancarmi dal ricordo
dai morsi insopportabili del tempo
dal tuo veleno un tempo dolce unguento
per l’anima mia persa nell’inferno.
Critica in semiotica estetica della Poesia “Amore che ritorni sul cammino” di Vittorio Di Ruocco
La parola musicale del Di Ruocco celebra, oltre l’apparenza, la verità dell’amore in tutte le stagioni della coscienza e nella rêverie della sinestesia dei sensi, che affranca dal tempo lineare, nell’eterno ritorno di senso che sposa istante ed eternità, fino a sorgere e a morire negli occhi dell’amata, unico motivo esistenziale.